Se è vero che ormai parlare di edifici smart faccia parte della nostra quotidianità - specie in relazione al miglioramento del comfort e alla migliore efficienza energetica di ambienti, case, uffici grazie a specifici tool e all’aiuto della tecnologia - è altrettanto vero che questa definizione porti con sé eventuali dubbi sulla legittimità di attribuire a qualsiasi edificio questo appellativo, nonché sulle modalità con cui determinate strutture possano effettivamente definirsi intelligenti.
Viene da chiedersi, dunque, se esista una metodologia, una metrica che possa aiutare a stabilire qual è il grado di “smart-readiness" di un determinato edificio. La risposta è ovviamente affermativa: si tratta dello SRI, un indicatore introdotto nel 2018 e da subito comune a tutti i Paesi Europei.
Vediamo insieme di cosa si tratta e in che modo può aiutarci a determinare in che modalità un edificio risulti effettivamente intelligente.
Con l’acronimo SRI - Smart Readiness Indicator - si va a indicare un indicatore introdotto dalla Comunità Europea nel 2018 nell’ambito dell’Energy Performance of Building Directive (EPBD).
Un’iniziativa nata con l’obiettivo di definire, a livello europeo, una metodologia di calcolo ben precisa e condivisa per stabilire e quantificare il livello di "intelligenza" di un determinato edificio.
Grazie allo SRI, insomma, è possibile definire in che modo e in che modalità si possa parlare davvero di uno smart building, ossia come tecnologie e tool digitali e intelligenti abbiano concorso a migliorare le performance e l’utilità degli impianti, il comfort delle persone che vivono o lavorano negli edifici, ma anche l’efficienza energetica degli stessi.
C’è da dire che, nel nostro Paese, lo SRI è attualmente adottabile su base volontaria: questo perché la direttiva europea relativa alle performance energetiche degli edifici è stata recepita e inclusa in Italia nel decreto legislativo 48/2020, ma senza una vera e propria presa di posizione sull’indicatore SRI.
L’indicatore SRI ha l’obiettivo di determinare e individuare alcuni parametri che restituiscano l’effettivo livello di “smartness” di un edificio, tra cui:
Accrescere la consapevolezza relativa ai vantaggi dell’adozione di tecnologie intelligenti e servizi digitali per migliorare l’efficienza energetica, la salubrità e il comfort di un edificio;
Motivare i consumatori privati e i proprietari di aziende a dare il via investimenti in tecnologie per l’edilizia intelligente;
Avviare e portare avanti l’adozione dell’innovazione tecnologica nel settore dell’edilizia.
Insomma, lo SRI è nato per incentivare e guidare i Paesi e i consumatori europei a dare il via a una vera e propria rivoluzione che coinvolga gli edifici del Vecchio Continente: una misura necessaria non solo figlia della volontà di apportare innovazione e progresso, ma anche per via dell’enorme consumo di risorse che attualmente è imputabile agli edifici UE.
Lo SRI servirebbe quindi come strumento per agevolare il raggiungimento di una migliore efficienza e sostenibilità energetica degli spazi in cui viviamo e lavoriamo, da cui chiaramente dipende anche il raggiungimento di cruciali impegni e obiettivi a contrasto del climate change e volti alla diminuzione degli sprechi di risorse.
La smart-readiness di un edificio, secondo la metodologia SRI, viene misurata tramite una percentuale che illustra in modo intuitivo quanto questo sia vicino o meno al livello massimo di intelligenza attualmente raggiungibile.
Va da sé che più alto è il numero in percentuale, più si può davvero parlare di smart building.
A influire su questa valutazione concorrono tre principali fattori:
Il calcolo dello SRI avviene in modo immediato e intuitivo, attraverso un processo di check-list diretto che punta a verificare e valutare i servizi smart-ready che l'edificio possiede o potrebbe utilizzare, ognuno inserito in “domini tecnici” che vanno per categoria. Per esempio, il livello di innovazione e intelligenza di uno smart building viene determinato valutando impianti di riscaldamento, illuminazione, ventilazione, ma anche monitoraggio e controllo.
Avendo ciascuno di questi domini un proprio impatto, questo viene calcolato attraverso tre diversi coefficienti: coefficienti fissi (quindi invariati nel tempo), di peso uguale e con pesi energetici bilanciati (che possono quindi variare nel tempo in base a diversi bisogni, utilizzi e consumi).
Se dall'SRI in sé non si ottiene un beneficio diretto, è chiaro che questa metodologia aiuta a individuare intuitivamente le aree di intervento su cui è possibile agire per rendere un edificio davvero smart.
In base alla percentuale di “intelligenza” ottenuta, infatti, emerge in che modo attivarsi per incentivare un cambiamento di mindset e di paradigma volto a una sempre più condivisa e diffusa consapevolezza riguardo la sostenibilità ambientale e l’efficienza energetica.
Un cambiamento che ha ovviamente anche un riscontro economico: un edificio smart è anche un edificio che funziona al meglio delle proprie potenzialità, che offre il miglior comfort possibile e consuma il necessario, riducendo costi e spese. Uno smart building, insomma, è un edificio che ha anche un valore automaticamente maggiore agli occhi di potenziali acquirenti e investitori.
Una soluzione win-win quindi, che può guidare le aziende su un percorso più virtuoso garantendo peraltro benefici in ambito sociale, ambientale e anche economico, rappresentando un ulteriore supporto al raggiungimento di obiettivi ESG.